Tre dischetti freschi di tomba da una delle più amabili etichette underground europee.
REVOLTING – Monolith Of Madness
Lo scorso maggio avevamo dedicato un articolo ai millemila progetti di Rogga Johansson. Da allora lo Zar di tutte le Svezie ha pubblicato un nuovo album con i Paganizer (il decimo in diciotto anni), ha iniziato a lavorare a un altro lp a quattro mani con il sempiterno Paul Speckmann e ha rimesso in moto quella che è forse la mia creatura preferita dello Stakanov scandinavo: i Revolting, dei quali avevo ampiamente incensato il precedente Visages Of The Unspeakable. Monolith of Madness è purtroppo assai meno eccitante del precedessore ma resta un bel sentire. Death metal svedese come se fossimo ancora nel 1995, tra Dismember e primi Edge of Sanity, con una chitarra solista assai in evidenza. L’iperproduttività non è mai un toccasana per l’ispirazione ma, se siete appassionati del genere, gli up-tempo scapocciosi di Broomstick Legions (grande titolo) e Procession To The Monolith continueranno a essere assai perniciosi per la vostra cervicale, e le melodie sulla pentatonica di Blood Blood Blood e Ode To Hastur saranno sempre le stesse ma rimangono il genere di madeleine di cui noi della Gioventù del Male degli anni ’90 mai saremo sazi. Un punto in più per la notevole copertina lovecraftiana del nostro connazionale Roberto Toderico.
MASSIVE ASSAULT – Mortar
Terzo album per questi raffinati gentiluomini dei Paesi Bassi, che si richiamano fin dalla copertina (sempre del nostro Toderico) al death metal a base di mid-tempo e immaginario guerrafondaio codificato dai supremi Bolt Thrower e ripreso in seguito da numerosi epigoni, come i loro connazionali, e ahimè disciolti, Hail Of Bullets. Mortar, in effetti, attinge sia dalla scuola olandese (nei momenti più serrati e groovosi vengono in mente i vecchi Gorefest) che da quella britannica dei Benediction (a proposito, stanno facendo un nuovo disco con Dave Ingram) più ruvidi e oscuri. Mortar è meno grezzo di quanto le premesse lascerebbero intuire, e i pregi e i difetti dei Massive Assault stanno tutti nel relativo eclettismo di pezzi che, pur brevi, alternano canoniche randellate in doppia cassa a mid-tempo da thrash tedesco ed efficaci stacchi melodici, palesando peraltro un coefficiente tecnico non disprezzabile. Se da una parte i quattro di Hoogeveen riesce così a non annoiare e a elevarsi dal rango di ligi copisti, dall’altra a volte sembrano un po’ indecisi sulla direzione da prendere, rischiando alla lunga di stufare un pochino.
DECAYING – To Cross The Line
E del novero dei deathster appassionati di cose militari fanno parte pure i finlandesi Decaying, che vincono, sia pur di poco, il derby bellicista con i succitati compagni d’etichetta. To Cross The Line, quarto full in sette anni del prolifico quartetto di Helsinki parte tiratissimo con una title-track dai toni quasi hardcore che finisce però per inciampare nel solito breakdown gratuito che piace ai giovani. Non sarà l’unico calo di tensione ma il dischetto, nel complesso, funziona: The End Justifies The Means ripropone il consueto repertorio di accelerazioni, rallentamenti e crescendo ma questa volta tenere fermo il capo è impossibile. Ben costruiti i brani, secca e trascinante la batteria, azzeccato il doppio registro vocale di Matias Nastolin, che a un growl piuttosto canonico accosta un rantolo torcibudella alla John Tardy, buone intuizioni melodiche nei brani più cadenzati (notevole la conclusiva, funerea Futile Effort). Sullo sfondo, quel senso di desolazione sommessa e mortifera che accomuna – secondo la nota teoria bargoniana – tutti i gruppi finnici a prescindere dal genere. Nulla di imperdibile ma una chance la meritano. (Ciccio Russo)