(italianoChitarra raccoglie i piùdi5menodi10 dischi italiani a cui ognuno di noi è più legato affettivamente)
Difficile per me fare una lista del genere. Non ho avuto genitori o parenti appassionati di musica che potessero indirizzarmi da qualche parte. La mia adolescenza c’è stata nel decennio più inutile della Storia e quindi l’ho passata guardando costantemente indietro. Vengo da un paesino di merda dove l’unico negozio di dischi non andava oltre i System of a Down. Non conoscevo nessuno appassionato della musica che piaceva a me. Quello che ricordo è questo: compravo Metal Shock, lo aprivo più o meno a metà e se la recensione dell’album del mese era firmata (mc), (br), (fr) o (fs) risparmiavo i soldi per disco più treno e andavo a comprarlo a scatola chiusa. Quasi mai musica italiana.
FRANCO BATTIATO – Pollution (1972)
Franco Battiato è il mio musicista preferito, è il non plus ultra dell’Arte. Quando Ercole raggiunse i confini del mondo e separò i monti Abila e i monti Calpe in due, dall’altra parte del limite dell’universo non trovò il vuoto, trovò Franco Battiato seduto su un tappeto tibetano a cazzeggiare con un sintetizzatore. Giuro. L’ho scoperto quando su Tmc2 passavano in continuazione Shock in my town e fu Gommalacca il mio primo approccio con il Maestro. Adoro qualsiasi cosa egli abbia fatto, dalla musica alla letteratura. Sono un fanboy. È grazie a lui se mi sono appassionato alla musica etnica, al progressive italiano o alla musica leggera. È grazie a lui se mi sono ristudiato Aristotele per leggere il Corano, e non c’ho capito comunque un cazzo. L’ultima volta che l’ho visto in concerto, l’estate scorsa, un mio amico gli ha lanciato l’album della sua band sul palco. Il Maestro si è fermato, ha raccolto il cd da terra ed ha promesso che, appena finito il concerto, lo avrebbe ascoltato. Il mio amico suona in un gruppo pornogrind. Per un mese mi è rimasto il cervello bloccato nel pensare a Battiato che partecipa ad un bukkake. Quando lo vidi all’Auditorium ho avuto la possibilità di stringergli la mano; all’ultimo istante l’ho ritirata, avevo troppa paura che gli passasse attraverso o che rimanessi fulminato dall’aver toccato una tale Divinità. Mi ha guardato malissimo. È stata la prima volta in vita mia in cui avevo indossato una cravatta. Nemmeno alla tesi di laurea ce l’avevo. Il giorno della laurea mi sono presentato con le Converse.
VERDENA – Solo un grande sasso (2001)
Il primo concerto della mia vita. Avevo quindici anni. La mattina dopo sarei partito per un viaggio studio in Inghilterra. Profumo di libertà. Il concerto si teneva in un campo all’aperto, il pomeriggio aveva piovuto, era tutto un merdaio allucinante. Ad un certo punto ho perso le scarpe, rimaste incollate nella fanga. Il mio amico Luigi è stato tutto il concerto, per un’ora e mezza, in prima fila, davanti alla bassista, a farle senza sosta il simbolo della fica con le mani. Ogni tanto si leccava le punte degli indici. Qualche anno dopo sempre Luigi si finse giornalista per cercare di entrare nel backstage e conoscere, finalmente, la sua amata Roberta. Gli dissero di no, ma gli permisero di guardare il concerto da davanti alle transenne. Io non c’ero, dei Verdena non me ne fregava più nulla.
NEGAZIONE – Lo spirito continua (1986)
Il mio primo passo nell’hardcore italiano nonché quanto di più bello l’hc italico abbia mai saputo regalarci, nonostante la trafila di gruppi meritevoli sia davvero lunga. Perché se la scena metal nostrana campa quasi esclusivamente di imitazioni esterofile spesso imbarazzanti, l’hardcore ha saputo differenziarsi per valore, spontaneità, originalità ed intensità inarrivabili. Non penso ci sia troppo da dire. Un poetico, insofferente, lacerante e sofferto calcio nelle palle. La campana al minuto 1:20 di Qualcosa scompare. Forse l’unico disco che ho fisso sul lettore mp3 e non toglierò mai.
PERVAS NEFANDUM – Le dolci cose perdute (1994)
Li ho conosciuti perchè una mia ex fidanzata un giorno mi propose di ascoltare Psicosi Maniaco Depressiva mentre si faceva del romantico sesso meccanico. Ho provato paura, davvero. E ho seriamente dubitato della sua sanità mentale. Un anno dopo ci siamo lasciati, e questa roba, che ho su una cassettina Sony miniDV da sessanta minuti, è diventata la colonna sonora del nostro amore. Chissà lei che fine ha fatto, ma non sono ottimista.
STACCIONATA - Ecce! (2010)
Ok, gli staccioneros li conosco tutti, con uno dei cantanti ci vivo insieme; però i grandi capi hanno detto che posso parlare di quello che mi pare, l’importante è che non porti sfiga. Gli staccioneros sono stati le prime persone che ho conosciuto ad avere gusti musicali simili ai miei, oltre ad una smodata passione per la botanica creativa, e questo fu grandioso. Finalmente qualche stronzo con cui decantare i Cripple Bastards o i Deicide. Non so se, ascoltando un disco, vi è mai capitato di pensare cose come ‘Se avessi un gruppo suonerebbe esattamente allo stesso modo’ oppure ‘È tutto quello che avrei sempre voluto ascoltare’. Per me questo vale per Ecce! ed il loro primo demo. Grind, psichedelia, progressive, noise, flauti, stoner, death metal, crust, coppinate, kraut rock, elettronica. Tutto mischiato insieme in maniera, giuro, lineare e perfettamente sensata. Cantano in italiano cose meravigliosamente incomprensibili, e questo grazie alla loro fattanza praticamente costante da anni a questa parte. Concerti dal vivo devastanti dove uno dei chitarristi, nudo, spara al pubblico una enorme quantità di cazzi di carta. Quando si sono sciolti me ne sono andato a piangere sotto il piumone, come una ragazzina che è appena stata lasciata dal fidanzato, quello stronzo che fino al giorno prima aveva promesso di amarla per sempre e che invece poi si è dimostrato uno che voleva solo riempirle le tonsille di una strana sostanza particolarmente idrofobica e liposolubile. Ma si riformeranno, giuro, perchè il mio conquilino prima o poi cederà alle mie avances sessuali. Il disco si scarica dal loro myspace.
TSUBO – Anus Mundi (2008)
Insieme al primo demo autoprodotto, una perla dell’undergrond estremo italiano. Sono stati il primo gruppo che ho scoperto quando mi sono trasferito a Roma, da allora non ho perso un loro concerto. Li vidi anche a Fiumicino, con formazione rimaneggiata a tre, con una sola chitarra, di spalla ai Dead Infection. Devastarono allegramente il sederino a tutti quelli che avevano suonato prima e che avrebbero suonato dopo. Adesso sono in fase registrazione del disco nuovo, eddaje. Fu mentre ascoltavamo gli Tsubo che il mio amico Antonio, per ripicca contro le sue allergie a svariati tipi di polline, prese la giusta decisione di eiaculare sui geranei che aveva sul balcone. È la sempiterna lotta reciproca e senza cedimenti dell’uomo contro la natura. Stop the minkions!
ELIO E LE STORIE TESE – Eat the phikis (1996)
Probabilmente l’ultimo disco davvero epocale del gruppo, sia per l’approccio testuale che per la fluidità di pezzi che spaziano attraverso qualsiasi genere musicale mai creato, dal capolavoro assoluto di atmosfera latino-americana El Pube fino alla cavalvata punk di Omosessualità. Comprai la cassetta, da un magrebino per strada, a distanza di qualche anno da quando avevo visto il Festival di Sanremo con i miei genitori ed ero rimasto folgorato da quel pelato con un monociglio EPICO e colorato di grigio metallizzato; quel gruppo di cazzoni che strideva in mezzo a quello che, già all’epoca, mi sembrava uno spettacolo di cadaveri. ‘Tu non vieni!’ – ‘Non importa, sai, ci avevo judo’
SPITE EXTREME WING – Non dvcor, dvco (2004)
Tra i pochissimi gruppi black metal italiani ad avere un senso, e non hanno mai sbagliato nulla. Il Capra mi ha regalato una loro t-shirt, ho avuto l’incauta idea di andarci nel quartiere di San Lorenzo a Roma, nota zona tipicamente di sinistra della Capitale, ancora adesso sto scappando da un gruppo di compagni che evidentemente non apprezzavano l’estetica ispirata all’iconografia di quando i treni arrivavano in orario. San Lorenzo/ Piazza Bologna in quarantadue secondi, senza guardarmi mai indietro, ogni tanto urlavo cose tipo ‘Noooo, non sono un fascio, giuro!’ oppure ‘C’ho pure la tessera Arci’, ‘Ho un conquilino negro!’. Anche se, probabilmente, quelli già dal primo vicolo incontrato si erano fermati a fumare.
